Nessun risarcimento se preliminare di vendita è condizionato al rilascio del permesso di costruire
- David Ascarelli
- 3 set 2022
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Il principio è stato chiarito dalla Corte di Cassazione, con sentenza n. 24318 del 05/08/2022, la quale ha accolto il ricorso di una S.r.l. contro il promissario acquirente.
In una compravendita immobiliare, la clausola con la quale si attribuisce la facoltà di recesso (ex art. 1373 c.c.), poiché deroga al principio generale del pacta sunt servanda, “pur non richiedendo alcuna formula sacramentale, deve essere sempre redatta in termini inequivoci, tali da non lasciare alcun dubbio circa la volontà dei contraenti di inserirla nel negozio da loro sottoscritto”. Il tal senso viene quindi legittimato l’uso della clausola contrattuale che lega la possibilità di recedere dal contratto alla mancata concessione del permesso di costruire entro una determinata data.
Nello specifico, la fattispecie in questione riguardava un preliminare di vendita di un’immobile, il quale stabiliva che il contratto doveva ritenersi nullo (ovvero inefficace) nel caso in cui la promittente venditrice non avesse ottenuto il permesso a costruire e le ulteriori autorizzazioni entro una determinata data, con la ulteriore previsione contrattuale della rinuncia del promissario acquirente ad agire, nei confronti del promittente alienante, a titolo di risarcimento dei danni derivanti dalla mancata vendita dell’immobile.
Sia il giudice del primo grado che quello del gravame avevano erroneamente ritenuto che nel contratto fossero stati introdotti un diritto di recesso a vantaggio del promittente alienante e una limitazione di responsabilità inquadrabili come clausole vessatorie o onerose (ex art. 1341 c.c.), in quanto il contenuto delle clausole era stato predisposto dal contraente forte, senza alcuna possibilità di trattativa tra le parti.
Ma per la II Sezione Civile, tuttavia, tale interpretazione non era confortata dal dato testuale del contratto. E ciò perché il riconoscimento, in favore di una parte, del diritto di recesso (ex art. 1373 c.c.), inserisce nel contratto un diritto potestativo di sciogliersi ad nutum dal negozio, attraverso una semplice manifestazione di volontà da comunicarsi alla controparte. E ciò è radicalmente diverso dalla previsione secondo cui l’efficacia del negozio è subordinata al verificarsi di un avvenimento futuro e incerto.
Perciò, non è possibile qualificare come “recesso” una previsione contrattuale che subordini lo scioglimento del negozio alla mancata verificazione di un determinato evento ad una data certa. Proprio perché si tratta di una pattuizione non dipendente dalla volontà delle parti, essa non si può qualificare come condizione risolutiva propria.
Va quindi escluso in radice che tale clausola ricada nelle clausole vessatorie (ex art. 1341 c.c.), sia per quanto riguardo la previsione di un diritto di recesso - in realtà non prospettato dalla clausola in oggetto -, sia con riferimento all’esclusione del diritto di risarcimento dei danni in favore del promissario acquirente ove il preliminare si fosse sciolto per il mancato avveramento dell’evento futuro ed incerto entro una data indicato, appunto perché tale precisazione costituiva un mero corollario dello scioglimento del negozio all’esito del mancato avveramento dell’evento.
Per tali ragioni, tale clausola deve essere sempre redatta in termini inequivoci, tali da non lasciar alcun dubbio circa la volontà dei contraenti.
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